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BALLIAMO?

Nella storia della danza occidentale il '500 è, con ogni probabilità, l'epoca in cui si assiste alla più accesa discussione intorno al valore della danza. Nello stesso giro di anni la si vede esaltata come l'arte raffinata che forgia le virtù del gentiluomo e della gentildonna, come pure aggredita e messa al bando quale madre di tutti i vizi. Il contrasto è netto e suscita una una molteplicità di spiegazioni e interrogativi diversi. Non si tratterà forse dell'opposizione fra due anime sempre e ovunque coesistenti e in conflitto, la morale puritana contro lo spirito epicureo? O di rivalità altrettanto perenne, come quelle generazionali? Oppure, non sarà tutto un equivoco, e oltre il sipario della polemica si rivelerà che le lodi spettano sempre alle danze praticate da e per l'élite, il biasimo al ballo popolare?

 

Definire la danza non è certamente cosa facile.

Il suo vocabolario, per cominciare, non ci aiuta. Uno dei dati più caratteristici negli usi del lessico orchestico é, infatti, la frequenza di endiadi (choreae et saltationes, le bal et la danse, daunce and ballet, danza e ballo, danza y baile), all’interno delle quail è pressoché impossibile riconoscere se I due termini siano intesi come in qualche misura differenziati e complementari, oppure del tutto ridondanti ed equivalenti.

 

Le definizioni che offrono teologi e moralisti sono ovviamente fortemente caratterizzate in senso valutativo.

Celebre quanto scrive a riguardo l’abate François-Luis Gauthier nel suo trattato contro i balli :

 

« Sono assemblee di persone di sesso diverso, e specialmente di persone giovani, nelle quali al suoni di alcuni strumenti, o con l’accompagnamento di alcune canzoni, dei giovani ballano con delle giovani, e nell’intervallo delle loro danze si intrattengono in cose perlomeno vanissime, posto che non siano malvagie, e trattano insieme con troppa familiarità »

 

Philippe Vincent (1646) :

« Che cos’è danzare ? Tutti sanno che è presentarsi in una sala davanti ad una folla là riunita, farvi cento farse (pantalonnades) e piegarsi in infinité posture, qualcheduna anche poco onesta ; a seconda delle arie (branles) diverse che un violinista si toglie il capriccio di suonare, ora marciare ora saltare, ora andare in avavti ora indietro, ora avvicinarsi ora allontanarsi, prima muoversi con calma poi tutto d’un colpo – come se si fosse improvvisamente usciti di senno – prendere uno slancio e procedere rapidamente, essendo in due a fare queste sciocchezze, non dire una parola come se si fosse muti e parlarsi soltanto con espressioni e smorfie del volto : ecco un riassunto della danza »

 

Per i moralisti, non c’è dubbio, la danza è associata alle cattive intenzioni di chi la pratica.

 

Siamo in una dimensione diamentralmente opposta a quella di Gugliemo Ebreo che nel suo trattato spiega che la danza è arte per

“innamorati e generosi cuori et agli animi gentili per celeste inclinatione piu tosto che per accidentale disposizione è amicissima e conforme”.

 

È altrettanto vero, però, che l’Ebreo si riferisce alla funzione « mimetica » della sua arte, alla danza in quanto performance realizzata a teatro o a palazzo, mentre i teologi inveiscono contro il ballo popolare e la sua funzione sociale.

 

Si tratta di due diverse ottiche che solo nel ‘700 saranno definite dai teorici del ballo. La « danza imitatrice », quella che rivendica la sua nobile e "antiqua" origine, fortemente caratterizzata dal suo aspetto pantomimico, si contrappone alla « danza semplicemente figurata », il ballo popolare.

 

Nel contesto della letteratura medica, interessante è quanto sostiene Cardanus nel suo De sanitate tuenda. A proposito dell’esercizio fisico, Cardano introduce una serie di distinzioni (differentiae) assai significative.

L’esercizio fisico potrà essere pesante versus leggero, veloce versus lento, etc. Ogni opposizione definisce i due estremi dell’atto fisico : da un lato sta l’esercizio energico (exercitatio magna), dall’altro quello più modesto (exercitatio parva) ; a metà esiste un’exercitatio mediocris, il ballo. La danza comporta per Cardano un movimento meno continuo del correre, ma insieme non così intermittente come il saltare.

 

« Sed quae mediocriter intercepta est, exquisita saltatio est, quae ad tibicines dum choréas agunt, tripudium vocant »

(Ma l’esercizio che è discreto in una misura moderata è il raffinato ballo che, quando danzano al suono di strumenti a fiato, chiamano tripudium).

 

Nel classificare le diverse forme del ballo, il Rinascimento si rifà ai generi di spettacolo orchestico in voga nell’antichità gréco-latina. Giulio Cesare Scaligero (1484-1558) nei suoi libri Sulla poetica, détermina due tipi di danza : "danza statuaria" e "danza motoria". Quanto scrive alla fine del ‘500 il medico francese Joseph du Chesne chiarisce le definizioni dello Scaligero :

« Nelle volte, le correnti, le gagliarde che sono in uso in Francia ed altrove, … si fa maggior movimento e agitazione del corpo che in altre sorte e specie di danze e balli, che assomigliano semplicemente alle allemande »

 

È chiaro il riferimento alle danze processuali di coppia come allemande e pavane, danze lente.

 

Esiste un ulteriore contesto nel quale si inserisce la danza. Alcuni autori parlano, infatti, di «danza corporea» e «danza spirituale».

 

Sant’Ambrogio nel De penitentia afferma che San Paolo « saltabat spiritaliter ».  Ci si allontana dal senso del termine danza, che assume una valenza qui più metaforica che letteraria. Il calvinista Johann von Münster nel secondo capitolo della sua opéra Sulla danza, introduce i concetti di «geistlicher Tanz» (danza spirituale) eleiblicher Tanz (danza corporea) associati a due ulteriori catégorie la « gottselicher Tanz» (la danza pia) oppore alla «gotloser Tanz» (la danza empia). Per Münster «geistlicher Tanz» è un’esperienza interiore, al punto che dal di fuori è impossibile determinare chi l’abbia vissuta, un « devoto trasalire », un'estasi divina accompagnata dal canto di un coro di angeli danzanti.

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