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CIPRIANO DE RORE. DAR L'ANIMA ALLE PAROLE

(nel 500esimo anniversario della nascita di Cipriano de Rore)

 

Il maggior  fondamento  che dè avere il Compositore sarà questo,  che riguarderà sopra di che vorrà fabricare la sua compositione,  secondo le parole Ecclesiastiche od’altro soggetto, et il fondamento di detta fabrica sarà che eleggerà un tono, o un modo, che sarà in proposito, delle parole, o sia d’altra fantasia, et sopra quel fondamento misurerà ... bene con il suo giuditio , et tirerà le linee delle quarte e delle quinte di esso tono, sopra il buono fondamento, le quali saranno le colonne che terranno in piedi la fabrica della compositione. Avviene al compositore di Musica, che con l’arte può  fare varie commistioni, di quarte e di quinte di altri modi et con vari  gradi adornare  la compositione proportionata secondo gli effetti delle consonanze applicate alle parole, et dè molto osservare il tono, o il modo. Quando comporrà cose Ecclesiastiche ... Anchora saranno alcune altre compositioni latine che ricercheranno di mantenere il proposito del tono, et altre volgari le quali havranno molte diversità di trattare molte et diverse passioni, come saranno Sonetti,  Madrigali o Canzoni, che nel principio, intraranno con allegrezza nel dire le sue passioni, et che poi nel fine saranno  piene di mestitia, et di morte et poi il medesimo avverrà per il contrario; all’hora sopra tali, il Compositore potrà uscire fuore dall’ordine del modo et intrarà in un altro, perchè non avrà  l’obbligo  di rispondere al tono di nissun Choro, ma sarà solamente  obbligato a dar l’anima a quelle parole et con l’Armonia dimostrare le su passioni, quando aspre, et quando dolci, et quando allegre et quando meste.

 

È  così che Nicola  Vicentino (1511 - 1576), madrigalista e teorico  italino, descrive la tecnica della deviazione modale (commixtio  modi), l'arte di sottrarsi alla gravitazione di un modo per ragioni espressive. Allievo di Adrien Willaert, compagno di banco del  "divino Cipriano", rappresenta uno dei primi prodotti locali di quel fenomeno di mutua fecondazione che é la diaspora franco-fiamminga in Italia.

 

Deformati da un'ottica  manierista  spesso  violenta e "artificiosa",  i suoi madrigali incarnano gli ideali espressionisti dell’ «avant-garde fin de siècle» o seconda  prattica,  tematica  centrale del nostro programma.

 

La sua opera teorica - L’antica musica ridotta alla moderna prattica ( Rome 1555) - costituisce il più competente tentativo di razionalizzare gli strumenti espressivi della moderna musica. Il nostro contesto epistemologico, è quello del "ritorno all'antico", il tentativo umanistico di resuscitare il mitico potere pscichico della musica greca, leggendaria in virtù della sua capacità di modulare gli affetti con l'efficacia di una sostanza psicotropa. Certo, la musica greca è morta e sepolta! Evapora il giorno stesso della sua nascita tra i marmi  lucenti dei teatri antichi. Ma l' "anima", la sua  dimensione intellettuale, psichica e matematica, sopravvive alle sue spoglie e sorvola indenne più di venti secoli di teoria  musicale. Il suo sangue, siamo franchi, aveva cessato di circolare, coagulato come in una reliquia dal costruttivismo matematico molto astratto di una parte della polifonia medievale. Ma, dalla metà del XVI sec., ricomincia a bollire, grazie alle cure di una nuova generazione di compositori inquieti,  malinconici e geniali,  i quali, forti di una nuova farmacopea musicale, moltiplicano per dieci le virtù efficaci di tutti gli ingredienti della scrittura musicale: dissonanza,  modulazioni devianti, false relazioni, vertigini  cromatiche. Tutto  è permesso in nome dell'espressione del testo poetico. Certo, l'anima della musica greca rinasce in un recettacolo sonoro che non ha  più niente in comune con il suo  analogo dell'antichità.  Ma per  quanto concerne gli affetti, il madrigale espressionista parla la stessa lingua del suo modello antico, quel greco che musica e matematica imparano nella loro comune infanzia pitagorica.

 

Non ci è facile immaginare, oggi, fino a che punto il Rinascimento ha condotto questo parallelismo. Il suo denominatore comune è la  teoria  dell'armonia  universale,  vale a dire,  l'idea di un rapporto  di consonanza, d'affinità e convenientia, stabilito tra l'equilibrio dei quattro umori e la mixtion dell'acuto e del grave nel corpo della melodia. L'equazione è reciproca: il Rinascimento può percorrerla nei due diversi sensi, attribuendo le qualità dell'armonia musicale  al temperamento e le qualità del temperamento all'armonia   musicale. Così, per i teorici del contrappunto, sarà possibile  incarnare gli affetti nella melodia grazie ad una scrittura musicale  plasmata ad hoc, mentre i seguaci della medicina galenica potranno divertirsi a misurare le proporzioni musicali del  temperamento. Ne deriva una concezione "elementare" per la quale il contrappunto è l'espressione dei quattro umori e al basso corrisponde la bile nera, al tenore il flegma, all'alto il sangue e al  soprano il fuoco. Tutti i teorici concordano su questo punto, da Ficino a Galilei, passando per Zarlino, Glareano, Artusi e lo stesso Monteverdi. I modi della musica sono acuti o gravi, tristi o allegri e  si definiscono  tanti  affetti  quanti  sono  gli  elementi  della scrittura da combinare in un madrigale come gli ingredienti di una medicina:  affetti moderati o estremi, semplici o misti, consonanti o dissonanti,  acuti (furore,  collera) o gravi e cupi (malinconia).

 

Il vero genio consiste nell'arte del dosaggio e della selezione degli ingredienti da utilizzare, proprio come nell'arte  della cucina. Che si tratti di intervalli o di strutture sintattiche più complesse, l'affetto è determinato da un principio ancestrale che musica e medicina  condividono dalla notte dei tempi: l'equilibrio delle  forze in conflitto genera apatia, mentre eccesso o difetto un ventaglio d'affetti più o meno patogeni. Si potranno così definire, vaghi e leggiadri, gli intervalli prodotti dai rapporti complessi, come la terza e la sesta minore, mentre semitoni e quarte discendenti si tingono  dell'inchiostro  nero della malinconia.

È questo che Vicentino cerca di farci capire: dopo la gioia, dolore  e passioni  mortifere  comporteranno una deviazione melodica  equivalente alle  dissonanze  prodotte  nell'anima dall'eccesso di  humor nero. Per dare "l'anima alle parole" il compositore dovrà  creare un doppio musicale della puntuazione e dell'enfasi retorica  del testo utilizzando cadenze più o meno "dissidenti" del punto di vista matematico rispetto al modo finale della composizione. Tutto il resto è un problema linguistico o poetico, secondo gli usi dei tempi. La parola è la "potenza razionale" della polifonia; la sua "corteccia" sonora ne è il "corpo".

 

Sappiamo tutti, che l'harmonia, non può che deformarsi per rappresentare i concetti espressi dal testo Ma, la questione che resta aperta e vibrante è in che misura e quanto e come la melodia incarna significato e senso? In che misura i segni - la scrittura musicale - comunicano con il loro contenuto intelleggibile? L'idea può essere un'immagine sonora?

 

È nell'universo dei simboli che il Manierismo trova le sue risposte:  l'idea da tenere a mente è che ogni senso universale espresso da una figura lo vela e, al tempo stesso, lo rivela. E così, si riduce spesso il Madrigale ad un'illustrazione metaforica del testo, dove il segno si accorda alla sua essenza intelleggibile, la parola alla cosa rappresentata conformemente a quanto Platone insegna nel  Cratilo. La figura de discorso è all'origine una sorta di rivestimento  del pensiero che precede l'espressione (in greco, schema, figura corporea), un'immagine a un tempo discorsiva e visiva; e l'immagine suono è un simbolo in movimento nel tempo, una figura mobile analoga ai movimenti dell'anima.

 

 

 

Brenno Boccadoro, Università di Ginevra

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