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NEL SEGNO DI SATURNO

 

Dal tardo ‘400 in poi,  il modus operandi dell’artista subIsce una profonda trasformazione. L’artista di bottega, metodico e attento a cui ci ha abituato il Medioevo, si trasforma in un essere imprevedibile e caotico che alterna periodi di lavoro intensissimo e concentrato a catatonici intervalli di inattività.

Le notizie su questo nuova - per non dire anomala - attitudine sono ancora piuttosto rare verso la fine del ‘400; ma in compenso alcune assai esplicite.

 

Leonardo da Vinci … soleva anco spesso andar la matina a buon ora e montar sul ponte, perchè il cenacolo è alquanto da terra alzato ; soleva, dico, dal nascente sole sino all’imbrunita sera non levarsi mai. Il pennello di mano, ma scordandosi di mangiare e di bere, di continovo dipingere. Se ne sarebbe stato poi dui, tre e quattro dì che non v’abrebbe messa mano, e tuttavia dimorava una o due ore al giorno e solamente contemplava, considerava, ed essaminando tra sé  le sue figure giudicava. L’ho anche veduto secondo che il capriccio o ghiribizzo lo toccava, partirsi di mezzo giorno, quando il sole è in lione, da Corte Vecchia ove quel stupendo cavallo di terra componeva, e venirsene dritto a le Grazie, ed asceso sul ponte pigliar il pennello ed una o due pennellate dar ad una di quelle figure, e di subito pertirsi e andare altrove. (Matteo Bandello, 1485 - 1561)

 

Lo stesso Leonardo ragionava

 

… che gl’ingegni elevati talor che manco lavorano, più adoperano, cercando con la mente le invenzioni, e formandosi quelle perfette idee, che poi esprimono e ritraggono con le mani.

 

Il Vasari è sulla stessa linea:

 

L’opere buone non vengon fatte senza esser prima state lungamente considerate.

 

Prendiamo in esame questi passi congiuntamente ad un secondo problema : il talento dell’artista. Dagli inizi del ‘500 si diffonde l’affermazione che artisti non si diventa, ma si nasce. Leonardo insisteva che la pittura non può essere insegnata se non a chi vi sia portato per natura, e la dichiara superiore alle scienze perchè le opere d’arte sono inimitabili. Francisco de Hollandia nei suoi dialoghi mette in bocca a Michelangelo le seguenti parole :

 

… io stimo di gran prezzo un’opera fatta di mano di valentissimo maestro, anche se fatta in breve tempo… non si devono stimare le opere dalla quantità di tempo in esso occupato inutilmente, ma per la grandezza del sapere e per la mano di chi le ha fatte…

 

L’artista può facilmente seguire il flusso delle proprie inclinazioni personali e soddisfare il proprio bisogno di introspezione semplicemente ed essenzialmente perchè è padrone del proprio tempo. Si affianca all’ozio creativo, un secondo tipo di inerzia, causata questa da un sentimento d’insufficienza o di rassegnazione. Possiamo citare Sebastiano del Piombo (1485 – 1547) che divenne da

 

... sollecito ed industioso, infingardo e negligentissimo.

 

Vasari, invidioso del successo iniziale del pittore veneziano sosteneva che il mutamento fosse da imputare alla

 

... magnificenza e liberalità di Clemente VII, il quale rimunerandolo troppo altamente l’aveva fatto custode del sigillo papale.

 

Lo stesso Vasari, però, ci dice anche quale fosse la spiegazione di Sebastiano :

 

Or anche io ho il modo di vivere, non vo’ far nulla, perchè sono oggi al mondo ingegni che fanno in due mesi quello che io soleva fare in due anni.

 

Un secolo dopo, Andrea Sacchi (1599 – 1661), uno dei grandi maestri del barocco romano, ragionava più o meno nello stesso modo.

 

... Operava con grande sconcerto d’animo, perchè, conoscendo perfettamente il migliore dal buono, non si contentava mai.

 

Quando qualche suo amico gli rimproverava la sua pigrizia e gli chiedeva la cagione perchè fosse così lento nell’operare gli rispondeva :

... Perchè Rafaele, et Annibale Caracci mi spaventano, e mi fanno perdere d’animo.

 

Pure, a differenza di Sebastiano del Piombo, il Sacchi perseverò e sebbene

 

... stesse le giornate intere senza toccar pennello, disegnò sempre fino all’ultimo di sua vita (Vasari)

 

In ogni caso, la disperazione prodotta da un senso di insufficienza professionale è una iattura a cui l’artista non soccombe facilmente e, in fin dei conti, abbastanza rara all’epoca. In generale, l’artista del ‘500 è afflitto da un male dai confini più incerti che Petrarca chiama  disperazione dell’anima solitaria, un’inquitudine che lo induce a fuggire le assemblee mondane e a trovar rifugio nei più deserti campi dell’isolamento. Il narcisistico bisogno di fuggir il mondo  può aver motivi ambigui e risvolti ambivalenti. Nel Petrarca, uno dei primi italiani che agognassero la solitudine, esaltazione e sconforto – effetti « naturali Â» della ciclotimia malinconica – si alternano nelle sue rime come nella sua corrispondenza. Spesso egli descrisse agli amici i suoi vagabondaggi nei boschi di Vaucluse, il suo rifuggire dal tumulto delle città, evitando le soglie dei superbi, lontano dalla gioia come dalla tristezza. Un senso di impotenza e frustrazione che a volte prende il tono della collera :

 

… mi afferra l’accidia a volte così tenacemente, che io passo lunghe notti e giorni tra i tormenti ; per me questo è un tempo senza luce nè vita, inferno oscuro e amarissima morte.

 

Michelangelo scrive a Vasari che non trova pace se non ne’ boschi e che l’solamento è, inoltre, un elemento essenziale alla creazione. Il Buonarroti, è cosa nota, non permetteva a nessuno, nemmeno al papa, di stargli vicino mentre lavorava !

Leonardo è sulla stessa onda :

... Il pittore debbe essere solitario e considerare ciò, che esso vede, e parlare co’ seco

 

Il suo allievo Giovan Francesco Rustici (1474 – 1554) gli fa eco:

l’oper non si deono mostrare a ognuno prima che sieno finite, per poter mutarle quante volte ed in quanti modi altri si vuole, senza rispetto niuno.

 

Passi preziosi, perchè alludono all’importanza annessa all’autocritica come solo giudizio valido, e alla totale esclusione di ogni partecipazione attiva del committente durante l’esecuzione dell’opera. Il Franciabigio (1482-1525) quando i frati della Santissima Annunziata di Firenze per errore scoprirono il suo Matrimonio della Vergine, disperato

 

... con una martellina da muratori che era quivi percosse alcune teste di femmine, e guastò quella della Madonna. (Vasari)

 

I segni del martello, ancora visibili oggi, dimostrano la veridicità del racconto vasariano.

 

Nel ‘600 tutto cambierà.

Rubens o Bernini, perfetti gentiluomini pieni di urbanità, accettavano con piacere le visite in studio ed erano disposti a dipingre sotto gli altrui sguardi. Michelangelo, se avesse potuto vedere il Canova nel suo atelier, ne sarebbe rimasto piuttosto sorpreso. Il tedesco C. L. Fernow, ci informa infatti che questi aveva « la lodevole abitudine Â» di farsi leggere i classici mentre lavorava.

 

 

 

Roberto Festa

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